videogiochi e bambini

Videogiochi e bambini

23/03/2020

I bambini adorano i videogiochi. Sono un elemento fondamentale del loro mondo e non si può eliminarli completamente senza rischiare di aprire un conflitto difficile da sedare. Demonizzare i videogiochi, perciò è assolutamente controproducente, è meglio disciplinarne l’utilizzo con semplici regole condivise anche con i bambini.Vediamo insieme quali sono gli effetti positivi e quelli negativi dei videogiochi.

Effetti positivi

Alcuni studi non hanno nascosto le potenzialità positive dei videogiochi:

  • lo sviluppo delle capacità senso-motorie,
  • la possibilità di prendere decisioni rapide in breve tempo per raggiungere un obiettivo
  • imparare a gestire e controllare le emozioni e le sensazioni

I videogiochi inoltre possono stimolare le facoltà cognitive. Trent'anni di ricerche hanno prodotto robuste prove che i videogiochi possono avere effetti positivi notevoli su molte funzioni cognitive.

Sono queste le conclusioni a cui è pervenuta una review dell'Università di Auckland, Nuova Zelanda, pubblicata sulla rivista Frontiers in Psychology. Andrew Latham e colleghi hanno esaminato la letteratura scientifica sulla questione degli effetti dei videogiochi sul cervello, analizzando quasi 50 studi pubblicati in oltre 28 anni.

I videogiochi possono stimolare una sorprendentemente vasta gamma di funzioni cognitive come, per esempio, la coordinazione oculo-manuale, la visualizzazione spaziale, l'anticipazione visiva, il tempo di reazione. Questi benefici sono più evidenti con i giochi moderni, che sono più complessi di quelli degli anni Ottanta e Novanta.

Effetti negativi

E’ tuttavia certo che abusare dei videogiochi può provocare numerosi problemi: i ragazzi rischiano di diventare dipendenti dal loro videogioco e di costruirsi una realtà virtuale, tendono spesso a distaccarsi dalla vita vera e a ridurre sensibilmente i rapporti sociali con gli altri, inoltre possono avere una maggiore predisposizione a sedentarietà e sovrappeso.

Dipendenza e asocialità, ma anche assimilazione di modelli comportamentali sbagliati sono i principali rischi a livello psicologico. Ma i danni possono essere anche neurologici: molti casi di assenza e convulsioni sono stati attribuiti all’utilizzo senza limiti di videogiochi, anche se molti esperti sottolineano che i soggetti più a rischio sono i bambini affetti da epilessia fotosensitiva, un disturbo che rende i soggetti particolarmente sensibili ai forti contrasti tra i colori chiari e quelli scuri; il cervello non riesce a tollerare i forti sbalzi di luminosità presenti nei videogiochi.

Come educare i bambini all'uso dei videogiochi

  • Innanzitutto è importante scegliere insieme al bambino il tipo di videogioco da acquistare. Troppo spesso i piccoli sono soli nella scelta del prodotto e portano a casa videogiochi a contenuto violento, decisamente poco adatti alla loro età. Uno studio Iowa State University ha dimostrato che un utilizzo frequente e abituale di videogiochi ad alto tasso di violenza rende i bambini più aggressivi e meno empatici. Per questo è bene scegliere un gioco adatto che stimoli capacità di reazione, di movimento, di attenzione ai particolari e allenamento mentale ma che non contenga scene di gratuita violenza che i bambini non hanno la capacità di filtrare o interpretare obiettivamente.
  • Inoltre è importante mettere un limite alle ore passate a giocare. Un videogioco può essere una delle tante e diverse attività di svago che arricchiscono la giornata ma non l’unica. Fissare insieme ai bambini un orario in cui si può giocare è importante perché anche il piccolo condivida la scelta e quando sta per avvicinarsi la scadenza del tempo stabilito (ad esempio un’ora) è preferibile avvertire il bambino che avrà modo di finire la partita o farlo abituare all’idea che deve abbandonare il gioco. Evitare di far giocare i bambini di sera, prima di andare a dormire.
  • Scegliere i giochi sportivi o quelli cosidetti 'attivi', cioè che prevedono una serie di movimenti fisici possono anche essere uno stimolo a bruciare calorie in eccesso. Quindi, via libera ai videogiochi, purché vengano usati nel contesto di una giornata ricca di altri svaghi e impegni e non siano violenti, ma impegnino cervello e muscoli!

Classificazione PEGI, cos'è?

Quando si acquista un videogico può essere utile far riferimento al metodo di classificazione PEGI (Pan European Game Information) che indicano l’età minima per giocare ad un determinato videogioco in base ad alcuni criteri: linguaggio scurrile, discriminazione, droghe, paura, gioco d’azzardo, sesso, violenza, possibilità di giocare online. La classificazione PEGI non offre una valutazione del grado di difficoltà del gioco.

La classificazione prevede diversi gruppi di età: 3, 7, 12, 16 e 18 e sul sito ufficiale è possibile trovare un elenco di giochi divisi per età. attenzione, però, il PEGI non tiene conto tanto del grado di difficoltà del gioco quanto dei contenuti.

In altre parole è un valore finalizzato a proteggere i minori da contenuti troppo violenti come linguaggio scurrile, discriminazione, paura, gioco che fa riferimento alla discriminazione razziale o che incoraggia il gioco d’azzardo, sesso, violenza e la possibilità di giocare online.

I Brain Trainer, i videogiochi intelligenti

I brain games servono davvero ad allenare il cervello, anche quello dei bambini.

E’ quanto hanno scoperto alcuni ricercatori dell’Università del Michigan ad Ann Arbor che hanno arruolato un gruppo di bambini di 8 e 9 anni ai quali è stato chiesto di testare le proprie abilità in un certo numero di videogiochi intelligenti.

Un gruppo è stato invitato a giocare a brain games appositamente studiati per rafforzare la memoria per 15 minuti al giorno, cinque giorni alla settimana; al secondo gruppo è stato proposto di giocare per lo stesso tempo a giochi che misuravano la cultura generale.

A distanza di un mese le differenze tra i due gruppi si sono fatte notare: come spiegato sulle pagine di PNAS - Proceding of the National Academy of Sciences. Per quanto i risultati dei test siano stati influenzati dalle conoscenze individuali, i ragazzini del primo gruppo hanno mostrato, anche dopo 3 mesi, di avere una maggiore abilità sul ragionamento astratto e sulla capacità di problem solving.

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Francesca Capriati
Giornalista
Mamma blogger
Dalla gravidanza al parto, dall'allattamento all'adolescenza: il mio spazio virtuale per condividere esperienze, difficoltà ed informazioni.