I primi tentativi di inseminazione artificiale risalgono al XVII secolo; vi si dedicano innanzitutto Malpigli e Bibbiena, provando le loro teorie su un baco da seta, ma il primo successo va attribuito a Lazzaro Spallanzani, un abate che nel XVIII secolo riesce a fecondare artificialmente una cagna, la quale partorisce cuccioli sani e vivi. Il passo successivo viene effettuato da Thouret, il quale riesce a fecondare la propria moglie, nel 1785, con il suo liquido seminale attraverso un'iniezione intravaginale. Nel secolo successivo, prende piede l'idea di Paolo Mantegazza di istituire una banca del seme per assicurare la discendenza dei soldati in guerra. Nello stesso periodo, ci sono i primi tentativi di inseminazione con gameti di mammiferi, ma il Santo Uffizio si esprime negativamente su questa tecnica.
Agli inizi del XX secolo vengono scoperti gli ormoni che regolano la fertilità e si comincia a vociferare su fecondazioni assistite; alla fine della seconda guerra mondiale, infatti, molti giornali diffondono notizie su soldati che avrebbero inviato dal fronte il loro seme per fecondare le moglie. Dal suo canto la Chiesa, nella persona di Papa Pio XII, condanna più volte e fermamente questa tecnica utilizzata per il concepimento.
La svolta avviene nel 1978, quando il biologo Robert Edward ed il ginecologo Patrick Steptoe inviano una lettera alla prestigiosa rivista medica The Lancet affermando di aver fatto nascere la prima bambina concepita in vitro, Louise Brown.
Nel 1982 viene annunciata la fecondazione con embrioni congelati, 4 anni dopo cominciano le fecondazioni tramite iniezione di spermatozoi direttamente nel citoplasma degli ovuli.
Nel 2010 Robert Edwards ha ricevuto il Premio Nobel per la Medicina in quanto pioniere della fecondazione in vitro.