identita di genere nei bambini

Identità di genere nei bambini

Come e quando si sviluppa l'identità di genere nei bambini e cosa possiamo fare ci accorgiamo che nostro figlio o nostra figlia sta vivendo con disagio il suo genere di nascita? Iniziamo a fare un po’ di chiarezza partendo dalle nozioni di base.

Sesso, orientamento sessuale e identità di genere non sono la stessa cosa.

  • Il sesso, detto anche sesso “assegnato”, è ciò che ci contraddistingue dalla nascita, quello che genera la differenza maschio/femmina e che ha una esteriorizzazione negli organi genitali maschili e femminili;
  • L’orientamento sessuale si riferisce, invece, al genere delle persone verso cui ci si sente attratti;
  • L’identità di genere, infine, appartiene ad un sentire interiore che prescinde dal sesso assegnato alla nascita.

E così come un genitore assiste, con il passare del tempo, allo sviluppo del corpo del proprio bambino o bambina; allo stesso modo è con il trascorrere degli anni che avviene l’auto-riconoscimento dell’identità di genere da parte dei nostri figli. Il più delle volte questi due percorsi convergono e identità di genere e sesso assegnato si allineano. Ma – talvolta – questo può non accadere e si parla di transessualità.

Come si sviluppa l'identità di genere nei bambini

Già a 2 anni i bimbi sono consapevoli delle differenze fisiche tra uomo e donna, a 3 anni riescono già a darsi “un’etichetta” in fatto di sesso assegnato e a 4 anni la maggior parte dei bimbi ha già maturato un senso stabile della propria identità di genere. E’ in questa fase dell’infanzia, infatti, che i bambini scelgono – ad esempio, con il gioco - se “fare cose da maschi” o “fare cose da femmine”. Per questo motivo medici e studiosi suggeriscono di far esplorare stili di gioco diversi ai propri figli, stili di gioco che riflettano anche ruoli di genere diversi.

A 6 anni, i bambini esprimono la loro identità di genere non solo attraverso giochi, giocattoli e sport; ma anche scegliendo come vestirsi o pettinarsi Si chiama “espressione di genere”, cioè il modo in cui esprimi agli altri il tuo genere attraverso, ad esempio, proprio l’abbigliamento o l’acconciatura. Ed è proprio intorno ai 6-7 anni che quei bambini che ritengono che la propria identità di genere non corrisponda al sesso assegnato alla nascita, possono iniziare a provare una sorta di ansia sociale, di ansia “da prestazione”.
Nella pubertà e alla pre-adolescenza dove sono i comportamenti che si assumono, gli amici che si sceglie di frequentare e i modelli che si decide di imitare a sancire la scelta della propria identità di genere. Ed è su questa libertà di scelta che devono vigilare i genitori, perché il sostegno, l’amore e l’accettazione da parte di un genitore, sono i fondamenti su cui poggerà una serena consapevolezza della propria identità di genere da parte di ogni bambino o ragazzo.

Disforia di genere nei bambini

Se molti stereotipi su attività e comportamenti “solo da maschi” o “sola da femmina” sono caduti, discriminazione e bullismo possono ancora essere dietro l’angolo. E se è vero che anche un genitore si crea delle aspettative in fatto di identità di genere dei propri figli, l’unico imperativo dovrebbe essere dare loro sicurezza per sentirsi a proprio agio e bene con se stessi.

Del resto per un bambino o un ragazzo, scoprire che esiste una differenza profonda tra il genere che ci è stato assegnato alla nascita e il genere a cui, interiormente, si sente di appartenere, può generare talvolta un conflitto, un disagio, una sofferenza che può compromettere la propria qualità di vita e arrivare al patologico. In quel caso si parla di disforia di genere. Un problema che può comparire soprattutto all’inizio della pubertà, quando il proprio corpo inizia a cambiare, ad assumere delle connotazioni più marcatamente femminili o maschili e diventare, quindi, una gabbia.

Anche per questo è importante costruirsi una rete di sostegno, di supporto emotivo e relazionale. Il confronto con psicologi specializzati nell’affiancare bambini transgender e le loro famiglie è una risorsa imprescindibile e altrettanto importante può essere il confronto con le comunità, le associazioni di famiglie che hanno all’interno del proprio nucleo un transessuale.

In Europa, il centro più grande per i disturbi di identità di genere è il Tavistock & Portman Clinic in Inghilterra, mentre in Italia abbiamo l’Osservatorio Nazionale sull’identità di Genere (ONIG) che può contare su 8 centri specializzati.

A che età si può cambiare sesso?

L’adeguamento chirurgico del sesso è una pratica a cui – finora – non si è mai arrivati anche perché non raccomandata dalle linee guida internazionali almeno fino al compimento dei 18 anni. Solo in alcuni casi accuratamente selezionati, i medici hanno deciso di somministrare agli adolescenti dei bloccanti ipotalamici.
Questi farmaci fermano la produzione di estrogeni e di testosterone così da sospendere temporaneamente la pubertà di un sesso non desiderato.

In Europa sono almeno trent’anni che in caso di disforia di genere, i bloccanti vengono prescritti. In Italia, i minori per i quali – dopo il parere di un Comitato etico – ne è stata decisa la somministrazione, si contano sulle dita delle mani. E in ogni caso sono sempre interventi reversibili perché in qualsiasi momento dovesse decidere di sospendere il trattamento con i bloccanti ipotalamici, la pubertà riprenderebbe nel senso del sesso biologico.

Disordini di differenziazione sessuale

Si stima che un bambino su duemila nasca con un’anomalia cromosomica che rende il sesso indefinito e stando ai dati resi noti dall’Ospedale San Camilo-Forlanini di Roma gli interventi per cambiare sesso sono aumentati del 25% e molti di questi hanno riguardato i bambini.

Questo provvedimento va incontro alle difficoltà di queste persone e dei loro genitori, spiegano i sostenitori e lascia liberi i bambini di decidere quale identità sessuale assumere una volta che saranno pronti.

Ma quali sono i più frequenti disordini della differenziazione sessuale?

Questi disturbi sono presenti spesso in soggetti in cui le caratteristiche cromosomiche non coincidono con quelle fisiche.

  • 46, XX DSD: una persona ha un doppio cromosoma XX, che indicano dunque un genere femminile, e ha sia ovaie che clitoride ma quest’ultimo di dimensioni troppo grandi, tali da farlo sembrare un pene. Questo disturbo pare essere collegato all’iperplasia adrenale, una malattia congenita caratterizzata dalla carenza di un importante enzima deputato alla produzione di ormoni che regolano la produzione di androgeni.
  • 46, XY DSD (Sindrome di Morris, o Sindrome delle belle donne): l’individuo ha cromosomi XY, quindi è maschio dal punto di vista cromosomico, ma ha organi genitali femminili e testicoli assenti o ritenuti nell’addome. Si tratta di una malattia che interessa un neonato ogni 13mila ed è inserita nell’elenco delle malattie rare del Ministero della Salute.
  • Sindrome di Turner: le donne affette da questo disturbo hanno un solo cromosoma X.
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Francesca Capriati
Giornalista
Mamma blogger
Dalla gravidanza al parto, dall'allattamento all'adolescenza: il mio spazio virtuale per condividere esperienze, difficoltà ed informazioni.