Il bambino ha una normale capacità di apprendimento, una comprensione del linguaggio nella norma e sembra non ci sia alcuna disfunzione organica o ritardo nello sviluppo. Eppure non parla. Fa scena muta, soprattutto in particolari momenti e contesti sociali.
Si chiama mutismo selettivo, un disturbo apparentemente raro del quale si sa poco e che trova la sua origine in una condizione di ansia e che potrebbe essere un indice predittivo di una qualche forma di fobia sociale.
Come si manifesta il mutismo selettivo?
Il bambino si chiude in se stesso e si rifiuta di parlare in precisi contesti sociali, come ad esempio a scuola, mentre a casa invece parla in modo normale. Spesso viene confuso dagli insegnanti con un handicap o con una forma di autismo.
Generalmente i primi segnali si manifestano nei primi anni di vita, ma la diagnosi arriva in età scolare quando il bambino si trova a dover affrontare situazioni sociali che richiedono un buon uso del linguaggio, come la scuola. Prima di allora, il bambino è stato considerato soltanto un po’ timido oppure riservato o riflessivo, perché in casa generalmente parla. Quando diventa più grande a scuola fa scena muta, sussurra a qualche compagno, preferisce l’isolamento e il silenzio. Escogita altre strade per comunicare come indicare col dito, muovere la testa, scrivendo o semplicemente rimanendo immobili in attesa che l’interlocutore capisca quel che vuole.
Non riconoscendo il disturbo spesso gli insegnanti lo puniscono e si limitano a dire alla famiglia che si tratta di un bambino eccessivamente timido. E quando si arriva alla diagnosi vera e propria, che necessita poi di una terapia, il disturbo è profondamente radicato e più difficile da eliminare.
Ma cos'è e come si cura?
Il mutismo selettivo è considerato un disturbo a tutti gli effetti ed è inserito nel manuale diagnostico DSM-IV secondo questi criteri diagnostici:
Non esiste una terapia standard valida per tutti i bambini. Per qualcuno può rivelarsi utile una terapia comportamentale o una psicoterapia familiare, per qualcun altro una logopedia o una psicanalisi. L’obiettivo comunque resta quello di far diminuire l’ansia e aumentare l’autostima, nonché la sicurezza nei contesti sociali.
In certi casi può essere efficace affiancare alla terapia comportamentale un trattamento farmacologico con inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina.
Cosa possono fare i genitori?